Marzo 1944

GUERRA CIVILE NEL MODENESE

 

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 Marzo 1944

 MERCOLEDI 1 MARZO 1944

 Alla riunione del Direttorio del Partito Fascista Repubblicano, il Segretario Alessandro Pavolini, illustra la relazione sull'attività svolta dal Partito dalla sua costituzione sino a questo giorno; sono iscritti al PFR, 487.000 persone.

 GIOVEDI 2 MARZO 1944

 Si fanno sempre più numerose le azioni delle formazioni partigiane nei riguardi dei civili nelle zone dell’Appennino modenese; a Rocchetta Sandri, frazione di Sestola, una banda armata composta da parecchie persone, fa irruzione nell'abitazione di certa Mariangela Capra che è obbligata a versare oggetti preziosi, indumenti, generi alimentari e utensili da cucina per un valore complessivo di circa centomila lire; si fecero consegnare anche tremila lire in contanti. Imponevano poi alla derubata il silenzio sull'avvenuto furto.(1)

A Montese, rimaneva vittima della violenza il ventunenne:

CASOLARI BRUNO.(2)

 VENERDI 3 MARZO 1944

 A Carpi, in un agguato tesogli da un ciclista, era ucciso a colpi di rivoltella, mentre rientrava alla sua abitazione, il brigadiere della GNR di trentasette anni:

TERNELLI ALDO.(3)

Così il quotidiano locale dava la notizia di questa imboscata partigiana:

 "Venerdì sera, circa le 21,30 a Carpi, il brigadiere dei Carabinieri di quella sezione della GNR, Aldo Ternelli di Clelio di anni 37 nel recarsi in bicicletta dal suo domicilio in caserma veniva ucciso con tre colpi di pistola sparatigli da uno sconosciuto.

Nei pressi del cadavere si rinveniva un ordigno inesploso. Si ritiene, con ragione che il sottufficiale incontrato l'individuo avente seco l'ordigno abbia a lui intimato il fermo, ma mentre frenava la bicicletta veniva ucciso nel momento in cui stava per estrarre la rivoltella. Il sottufficiale lascia la moglie ed un figlio di 4 anni."(4)

 Con decreto del Capo della Provincia, si pongono le premesse per l'attuazione della socializzazione anche nel mondo dell'agricoltura; viene pertanto posto fine alla terzeria, che rimaneva una forma antiquata nella conduzione del lavoro agricolo.

In montagna le formazioni partigiane comandate da G. Barbolini, attaccano la Casa del Fascio di Piandelagotti,(5) ma ne vengono respinti dai pochi uomini in borghese che vi si erano asserragliati.

 SABATO 4 MARZO 1944

 All'Ospedale Militare di Modena muore, in seguito alle ferite riportate in un attentato partigiano dei giorni scorsi, l'allievo ufficiale della GNR:

BUREI RICCARDO(6)

A Fiumalbo viene nominato il nuovo Commissario Prefettizio nella persona di Valentino Giambi che sostituiva il Podestà Mario Morelli.

 DOMENICA 5 MARZO 1944

 Un ordigno esplosivo viene fatto esplodere alla base dell’arcata destra della porta d'ingresso della cabina elettrica delle Aziende Municipalizzate in Via Cesare Costa. Non si dovettero lamentare nè vittime nè feriti, tantomeno interruzioni di energia elettrica.(7)

 LUNEDI 6 MARZO 1944

 Elementi partigiani effettuano un attentato contro il Colonnello Raffaele Gasperi nella sua abitazione di San Donnino della Nizzola; un potente ordigno esplosivo venne posto sul davanzale della finestra della camera da letto, il Colonnello e la moglie rimasero seriamente feriti.(8)

 MARTEDI 7 MARZO 1944

 Gli interventi innovativi della RSI cominciano a diventare operativi nei vari settori del mondo del lavoro. In questa data, con un comunicato dell'Ufficio stampa della Prefettura Repubblicana, veniva comunicata la notizia del passaggio all’organizzazione dei lavoratori dell'Industria, delle aziende industriali dello Stato. Questo il comunicato:

 "Il Capo della Provincia, in attesa dell'entrata in vigore del nuovo ordinamento sindacale ha disposto che la rappresentanza delle maestranze dipendenti dalle aziende industriali di stato sia senz'altro assunta dall' Unione Provinciale dei lavoratori dell'industria."(9)

 MERCOLEDI 8 MARZO I944

 La situazione nella Valle del Secchia, che da ormai troppo tempo era diventata insostenibile a causa delle continue aggressioni a militari e civili, i continui furti ad abitazioni private ed ammassi del grano, gli innumerevoli attacchi ai piccoli presidi fascisti e della GNR, da parte dei partigiani che si erano raggruppati in queste zone (causa principale le armi abbandonate dai cadetti dell'Accademia Militare allo sbando dell'8 Settembre), destava serie preoccupazioni nei Comandi fascisti locali e in quello Provinciale.

La prima mossa, per cercare di attenuare e di rintuzzare questa continua pressione partigiana fu quella di rinforzare i presidi locali, per poi indirizzare, le forze colà dislocate, in una vasta azione di rastrellamento per cercare di eliminare il fenomeno del ribellismo concentratosi in quella vallata.

Vennero inoltre istituiti nuovi presidi a Gombola e a Palagano.

In quest'ultima località, arrivò un reparto della GNR di circa un centinaio di uomini al Comando del Capitano Mori e del S. Ten. Antonio Izzo. In un primo rastrellamento di quel centro vi fu uno scambio di fucileria con i partigiani nascosti nelle montagne circostanti e due di questi, scoperti mentre tentavano di fuggire, vennero immediatamente passati per le armi.(10)

 "I due risultavano renitenti e per di più furono trovati in possesso di alcune bombe a mano. Vennero perciò immediatamente condannati alla fucilazione, sulla base dell' art. 1 del decreto mussoliniano del 18 Febbraio."(11)

 GIOVEDI 9 MARZO 1944

Un piccolo reparto di militi della GNR, comandato dal S. Ten. Izzo, mentre si stava spostando da Lama a Palagano, viene attaccato da reparti partigiani che, bloccato l'autocarro ed incendiatolo, eliminarono i militi fascisti dandosi immediatamente alla macchia.

Vennero uccisi: il sergente della GNR di ventuno anni:

ABBORRETTI MASSIMILIANO;(12)

I militi della GNR:

GAIBA MARIO,(13)

PONZONI PAOLO,(14)

BARBIERI FEDERICO,(15)

TOSATTI FEDERICO(16),

CORONA EMANUELE(17,

e l'allievo Ufficiale dei Bersaglieri:

GERLI GIAN BATTISTA(18).

In un successivo attacco portato dai partigiani ad un autocarro dove assieme ai militi fascisti erano dei civili e dei prigionieri partigiani, tra i quali Don Sante Bartolai, venne ucciso l'ufficiale postale di Palagano, padre di quattro figli:

RIOLI GIUSEPPE.(18bis)

Sempre nella zona, a Polinago resta ucciso il soldato del 47° DMP:

SECCHI CORRADO(18tris)

Molte pubblicazioni della storiografia resistenziale descrivono questo fatto e portano parecchie testimonianze(19); da parte fascista resta questo documento, che riportiamo integralmente, a firma del S. Tenente, Izzo:

 "Relazione sul fatto d'arme in cui trovarono la morte il Serg. Abborretti e i suoi compagni.

Il mattino del 9 Marzo 1944, verso le ore 8, giungeva a Palagano il Centurione Penso con una sessantina di legionari, montati su due corriere, per proseguire poi, alle 8,30 per Boccasuolo, dove dovevano compiere un azione contro un forte nucleo di sbandati.

Alle ore 14, provenienti da Boccasuolo, arrivarono le due corriere suddette che, con la scorta di un solo legionario armato di moschetto e montato sulla prima corriera, recavano a Montefiorino gli zaini dei legionari impegnati nell'azione.

Verso le 14,45 una telefonata dal Comando del Presidio di Montefiorino, mi avvertiva che, a 4Km circa da Palagano, sulla strada che porta a Savoniero, si vedevano due macchine in fiamme.

Dato che il telefonare al mio Comandante diretto, Ten. Soriani, distaccato a Lama Mocogno, avrebbe richiesto troppo tempo e non ero sicuro che il fonogramma arrivasse a destinazione, chiesi ordini in proposito a Montefiorino.

Alle ore 15, Montefiorino mi ripetè che sulla strada di Savoniero si vedevano due automezzi bruciare e mi disse di inviare, al più presto, qualcuno sul posto per constatare l'accaduto.

Non avevo alcun mezzo a disposizione per arrivare al più presto possibile sul luogo indicato.

Per cui, quando alle 15,08, giunse da Lama Mocogno l'autocarro della GNR che recava gli zaini dei mitraglieri aggregati al mio plotone, autocarro scortato dal serg. Abborretti con 9 suoi mitraglieri. armati di una mitragliatrice Breda 37, un mitra, moschetti e bombe a mano, ordinai di scaricare in fretta gli zaini e di proseguire sulla strada per Savoniero, per accertarsi dei motivi che potevano aver provocato l'incendio dei due automezzi. Raccomandai inoltre al Serg. Abborretti di usare molta attenzione perché a mio giudizio, si trattava certamente delle due corriere incendiate da qualche gruppo di ribelli che probabilmente si trovavano ancora sul posto. Il Serg. Abborretti ed i suoi uomini dimostrarono di aver compreso il compito loro assegnato.

Dopo dieci minuti circa dalla partenza dell'autocarro da Palagano, echeggiarono delle raffiche di mitragliatrice provenienti da Savoniero.

Ero all'oscuro di quello che effettivamente poteva essere accaduto, quando alle ore 15,35, mi telefonarono che si vedeva in fiamme un terzo automezzo. Pensai subito che fosse quello che trasportava Abborretti ed i suoi uomini. Provvidi ad inviare altri 7 uomini, con un fucile mitragliatore servendomi di un camioncino, requisito nel frattempo in paese, ma detto camioncino, a due chilometri circa da Palagano, si fermò per mancanza di benzina. Gli uomini, al comando del Sergente Silingardi, rientrarono a piedi. Decisi di partire io personalmente con detti uomini, ma a due chilometri circa da Palagano, incontrai il granatiere Longari, che ritornava da Montefiorino dove si era recato al mattino, autorizzato da mè per prendere i suoi indumenti civili. Costui mi disse che le forze dei ribelli erano preponderanti, per cui ritenni opportuno ritornare indietro e chiedere rinforzi. Intanto mi accorsi che il bersagliere Gerli e gli alpini Grosoli e Ferrari, a mia insaputa, avevano raggiunto il luogo dell'imboscata sull'autocarro del Sergente Abborretti.

I rinforzi arrivarono alle ore 20,30, cinque minuti dopo che i ribelli avevano iniziato il loro attacco contro il Presidio di Palagano, attacco che fu in breve respinto.

I rinforzi costituiti da una parte del Plotone Armi di accompagnamento con due mortai e da quindici agenti della questura col Cap. Mori e il S.Ten. Corradini, non poterono recarsi sul posto, sia per l'attacco in corso sia per le tenebre sopraggiunte da un pezzo e per l'ignoranza circa la conformazione del terreno. Al mattino seguente 10 Marzo, il mio plotone rinforzato dal plotone del S.Ten. Finucci, arrivato alle ore 10 e dai quindici agenti della questura con il Cap. Mori, si recò sul posto. Rinvenimmo colà le salme del Serg. Abboretti, del Bersagliere Gerli, del granatiere Gaiba e del legionario Ponzoni Paolo autista dell'autocarro. I particolari sullo svolgimento dell'imboscata possono fornirli il granatiere Murino, il granatiere Raimondi, o il cap. magg. Simonini, scampati all'eccidio o qualcuno dei feriti degenti all'ospedale.

                     F.to s.Ten. Antonio Izzo(20)

 VENERDI 10 MARZO 1944

 Per un incidente stradale, non meglio precisato, muore il milite della GNR di San Prospero:

MONTANARI MANFREDO.(21)

Sulla mancata manifestazione di forza e di preparazione all'insurrezione antifascista, organizzata dal CLN clandestino attraverso una serie di scioperi nell'Italia del Nord, così scrisse Mussolini nella "Corrispondenza Repubblicana " n.41, pubblicata in questo giorno sul quotidiano locale, dal titolo: "Un metodo uno stile":

 “I Biografi attribuiscono al Principe  Ottone di Bismark una frase di questo genere: -" Non si dicono mai tante bugie come prima di un elezione, come durante la guerra, come dopo la caccia." - Non vi è uomo che, nel cerchio stesso delle sue personali esperienze, non possa confermare l'opinione del grande prussiano il quale dimostrava di possedere, fra le molte altre virtù anche una precisa conoscenza dei suoi contemporanei. Il candidato che nell'epoca malfamata dei ludi cartacei si presentava al "colto e all'inclita" era costretto a mentire poichè doveva promettere mari e monti onde carpire i suffragi dell'ingenuo armento elettorale. Dopo una caccia, il fedele di S. Uberto, racconta strabilianti avventure, specie se torna col carniere vuoto.

Durante una guerra poi, le bugie anche sotto la forma attenuata della reticenza sono un fatto che accompagna le operazioni belliche, come le "impedimenta". Deve essere stato sempre così. Un proverbio milanese dice infatti: - Tempo di guerra più balle che terra. - Nella conflagrazione attuale, l'esercizio della bugia ha raggiunto vette sino ad oggi impensabili, giovandosi per la propagazione, degli strumenti che la scienza moderna ha messo a disposizione dei mentitori, i quali per coprire il loro inverecondo rossore, chiamano tutto ciò propaganda e guerra dei nervi. Nessun uomo raziocinante può sollevare dubbi quando si afferma che in fatto di bugia gli anglosassoni hanno perduto anche quell'ultimo residuo di pudore che autentici criminali di razza conservano ancora.

Londra ha battuto qualsiasi primato passato e, forse futuro. Parafrasando Giordano Bruno con una leggera modificazione si può dire che quello di Londra è "lo spaccio della menzogna trionfante". Cioè è la menzogna che trionfa, apertamente, su tutte le altre considerazioni, ma non sulla verità perchè, la verità è invincibile e finisce, alla lunga, per illuminare gli uomini e il mondo.

Qualcuno potrebbe a questo punto domandarsi senza ironia: che gli angloamericani siano dei mentitori ammettiamo; ma - posti in riga gli uni e gli altri - chi è in grado di scagliare la prima pietra?

Rispondono i fatti. E' cronaca di ieri. I gruppi e gruppetti clandestini italiani al soldo delle centrali nemiche e manovrati dai bolscevichi hanno nei giorni scorsi cercato di provocare uno sciopero generale, che da "bianco" doveva diventare "rosso", da "pacifico" "insurrezzionale" e doveva impegnare tutto il cosidetto proletariato italiano.

Le cose sono andate in modo completamente diverso. Le radio nemiche hanno diffuso bugie su bugie, invenzioni su invenzioni, ma stà di fatto che lo sciopero stesso è stato un fiasco solennissimo e, potrebbe dirsi decisivo. Un comunicato del Ministero dell'Interno ha ristabilito la realtà della situazione, con una precisione di dati che non può non avere favorevolmente impressionato il pubblico italiano, mentre ha sgonfiato le vesciche della propaganda nemica. Si poteva tacere. No. Si doveva edulcorare la verità? Nemmeno. Questo è il nostro stile. Ne consegue che non sei milioni di operai hanno scioperato, ma appena 208.000 il chè prova che le masse se ne sono infischiate degli ordini ricevuti, ed hanno dimostrato di possedere la coscienza dei doveri dell'ora: che lo sciopero, soltanto a Milano, è durato quattro giorni e solo in alcuni stabilimenti mentre in altre località è durato poche ore o addirittura pochi minuti: che dove i cosidetti scioperanti furono 500, tale cifra fù data, e del pari non fù nascosto dove furono 100mila.

Le radio nemiche hanno parlato di battaglie, di scontri con carri armati, di sabotaggio, mentre il comunicato ha detto la verità affermando che nulla di tutto ciò è avvenuto.

Milioni di cittadini delle diverse città italiane, gli stessi scioperanti ed i loro capi nel loro intimo, hanno dovuto riconoscere che il comunicato ministeriale non inventava, ma fotografava gli eventi. No. L'esercizio della bugia sembra, ma non è redditizio anche se si vuole - e ci ripugna - spostare un problema nel terreno puramente morale a quello della semplice utilità. Se gli uomini della Repubblica Sociale Italiana vogliono realizzare una profonda e duratura riforma del costume e del carattere, devono dire la verità; farne la formula orientatrice a tutta la vita sindacale e collettiva.

Se voi dite la verità quando è penosa voi sarete creduti quando la verità sarà lieta. Se voi avete il coraggio di annunciare una disfatta, nessuno solleverà dubbi quando annunciate una vittoria. La menzogna è uno strumento di corruzione, la verità un arma per l'educazione dei popoli alla virilità dei pensieri e delle opere.

Qualcuno potrà infine obbiettare che la "verità" detta in ogni caso può fornire argomenti alla speculazione nemica. Non lo si esclude. Ma di gran lunga superiore sarà la speculazione del nemico sulla menzogna. Da qualunque lato si esamini la questione, anche in rapporto alla contingenza, la nostra tesi è inevitabile. E' in conseguenza di queste premesse che il Ministero dell' Interno ha diramato il suo comunicato contenente notizie esatte sul recente tentativo, con cui i bolscevichi si ripromettevano di porgere un aiuto sostanziale al nemico. Il quale, ora, sà attraverso inconfutabili dati che tale aiuto è completamente mancato.

Si può aggiungere che un eventuale ripetizione condurrebbe immancabilmente allo stesso risultato."(22)

 SABATO 11 MARZO 1944

 A Gaiato di Pavullo, i partigiani, pare componenti delle "bande" di Armando(23), uccidono il bracciante di ventiquattro anni:

LUCCHI FRANCESCO(24),

la sua salma venne ritrovata sulla strada comunale, in località Borra Niviano. Con molte probabilità, questo fatto, potrebbe essere collocato al 26 Marzo, relativamente all'imboscata dove vennero uccisi sei militi fascisti ed un civile.(vedi)

Presso l'Istituto di Cultura fascista di Modena, viene ricordata, nell'anniversario della morte del grande pensatore del Risorgimento, la figura di Giuseppe Mazzini.

 DOMENICA 12 MARZO 1944

 Nella zona di Guiglia e precisamente in località Pieve di Trebbio, reparti tedeschi e fascisti si scontrano con formazioni partigiane guidate da Leonida Patrignani(25) il quale aveva l'incarico di organizzare i gruppi ribelli in quelle contrade.

Al termine della messa domenicale, il gruppo di partigiani bloccò il paese impedendo alla gente di rientrare alle proprie case.(26) Dopo poco, pattuglie di militi della GNR e di tedeschi provenienti da Guiglia, vennero a contatto con i "ribelli" nei pressi di Casa Fontanazzi, all'inizio del paese ed ebbe inizio una fitta sparatoria. Due militi:

IGNOTI (27),

della GNR di Bologna, rimasero sul terreno, altri due vennero feriti gravemente e cinque lievemente. I partigiani, in quello scontro, dovettero lamentare otto caduti.(28) 

Sull'altro versante dell’Appennino modenese altre bande di "ribelli" commettono una serie di "prelievi" ( o furti ? ): a Gubellino di Polinago venivano asportati generi alimentari dall'abitazione di tale Egidio Turrini, mentre a Ranocchio di Montese veniva svuotata la privativa di Ada Andreoli.(29)

Nella vicina frazione reggiana di Villa Minozzo, Morsiano, un gruppo di circa trenta partigiani asporta, dall'ammasso granario di quel piccolo centro, 11 q.li di grano e 80 Kg. di scandella, caricando il tutto su 7 muli.(30)

Nel centro Italia, la battaglia tra gli schieramenti anglo-americani e italo-tedeschi infuria sulla testa di ponte di Anzio, mentre perdura una relativa calma sul fronte di Cassino.

 LUNEDI 13 MARZO 1944

 In seguito a ferite riportate in un incidente mentre era in servizio di perlustrazione, colpo partito accidentalmente dal fucile del capo pattuglia, muore l'agente di PS, dipendente della Scuola di Polizia di Sassuolo:

GIULIANI RODOLFO(31).

Sempre all'Ospedale di Sassuolo, muore il milite della GNR di Correggio, che era rimasto gravemente ferito la notte dell'11 Marzo in uno scontro con i partigiani all'altezza di Ponte Dolo:

VEZZALINI ALBERTO.(32)

Nel capoluogo si sono svolte, in questa giornata, all'interno della Cattedrale e con grande partecipazione di folla, con la presenza di tutte le autorità cittadine, le esequie solenni delle vittime fasciste cadute nell'imboscata di Palagano; ha celebrato la funzione l'Arcivescovo di Modena, Mons. Cesare Boccoleri.

 MARTEDI 14 MARZO 1944

 I gruppi partigiani delle formazioni "Barbolini", sono in movimento nella zona della valle del Secchiello e mentre reparti tedeschi e fascisti sono in perlustrazione sulla strada che porta da Villa Minozzo in Val d'Asta, una pattuglia si scontra con i primi; non si dovettero lamentare grosse perdite da entrambe le parti.(33)

Nella zona di Palagano, nel frattempo, formazioni partigiane attaccano una corriera che si recava a Savoniero, con a bordo alcuni operai, per tentare di recuperare gli automezzi incendiati il giorno 9 e dove rimasero uccisi i militi della GNR del Sergente Abborretti, nell'imboscata partigiana. Mentre gli operai stavano lavorando per il recupero dei mezzi, furono investiti da un lancio di bombe a mano, che li costrinse a fuggire e a mettersi in salvo, mentre anche il loro mezzo di trasporto, una corriera, veniva incendiata.(34)

 MERCOLEDI 15 MARZO 1944

 I partigiani delle formazioni comandate da Barbolini, dopo le scorribande nelle valli del Dragone e del Secchiello, si trasferiscono nella zona di Ligonchio, nel vicino reggiano. In seguito alla serie di attacchi e di imboscate a pattuglie repubblicane, intervengono anche reparti tedeschi per cercare di porre un freno alle continue incursioni partigiane.

In una piccola frazione, Cerrè Sologno, a metà strada tra Ligonchio e la Valle del Secchiello, si scontrano, all'improvviso, i ribelli di Barbolini, con un reparto misto italo-tedesco, composto da militi della 79° Legione della GNR di Reggio Emilia e soldati tedeschi del Comando militare di Rubiera. Otto soldati tedeschi e due militi fascisti di Reggio Emilia, caddero in quello scontro. Anche i partigiani ebbero a subire sette morti.(35)

 GIOVEDI 16 MARZO 1944

 Sul fronte di Nettuno, dove si coprono di gloria i battaglioni della RSI, Nembo e Barbarigo, muore l'Allievo Ufficiale della GNR, volontario del Battaglione Barbarigo della X° Flottiglia MAS, nativo di Pievepelego, di ventitré anni:

CORTESI ENZO(36).

I suoi conterranei, negli stessi giorni, si combattevano tra fratelli sul fronte interno. I partigiani della formazione di Nello, che tanti lutti ha provocato nella zona di Montefiorino, attaccano una corriera che trasportava una decina di militi che dalla Santona andavano in soccorso del presidio repubblicano di Palagano, all'altezza di Molino del Grillo.

Di fronte all'improvvisa imboscata partigiana, i militi, anche in rapporto alle preponderanti forze avversarie, dovettero arrendersi. Vennero immediatamente uccisi, con un colpo alla nuca(37), il Tenente:

FINUCCI GIUSEPPE(38),

e il caporal maggiore:

MASI GIUSEPPE(39).

Uguale sorte toccò al soldato:

MUZZARELLI GEREMIA(40),

la corriera, e fu la terza nel giro di pochi giorni, venne data alle fiamme.

Tutta la zona è sotto pressione per le continue imboscate partigiane. Un ulteriore attacco contro un reparto di soldati tedeschi e di militi della GNR venne portato sulla strada di Monchio alle 11.

 "Verso le ore 11 del 16 Marzo si spinsero sulla strada di Monchio alcuni autocarri militari, che giunti a circa un chilometro dall'abitato di Lama di Monchio, in località chiamata Croce di Cappello, dovettero fermarsi.......Dagli automezzi furono scaricate armi e munizioni e una lunga fila di soldati germanici e italiani, preceduti da un sidecar che avanzava a fatica, si avviò in direzione di Monchio. A Lama gli ufficiali che comandavano i soldati dell'esercito repubblicano, giunti forse da Palagano, ebbero brevi colloqui con gli abitanti. Davano l'impressione di affrontare molto a malincuore i rischi e le fatiche di quel rastrellamento e sui loro volti erano evidenti i segni di una grande inquietudine. Dissero di dover salire al Santuario di S. Giulia per recuperare armi e munizioni e che speravano, per il bene di tutti ( e calcarono su queste ultime parole ), che i partigiani che sapevano presenti nella zona, non li avrebbero disturbati.(41)"

 Ma dopo poco tempo i partigiani delle formazioni di "Minghin", cominciarono a sparare sui tedeschi con un fuoco rabbioso di mitragliatrice ; questi risposero con una mitragliatrice da 20mm., mentre reparti fascisti sparavano con un mortaio da Lama. Altre formazioni partigiane, guidate da Leo Dignatici, intervennero in aiuto dei primi; vennero uccisi in quello scontro, un Ufficiale e quattro militari tedeschi.(42)

 VENERDI 17 MARZO 1944

 La situazione nella zona di Montefiorino si fa sempre più drammatica. I tedeschi, in seguito alle imboscate ed agli agguati dove persero una ventina di uomini(43), richiamano in quella zona dell’Appennino modenese, altre forze per cercare di contrastare la pressante guerriglia delle bande partigiane che di giorno in giorno assumevano sempre più virulenza. Anche esponenti del Partito Comunista arrivano nella zona, da Modena, per cercare di fomentare ancor più la guerriglia.(44)

Intanto nella zona di Savoniero i tedeschi iniziano un rastrellamento, arrestando tre uomini; ma improvvisamente i partigiani aprono il fuoco da una posizione situata attorno alle case della borgata Fontana, uccidendo un Ufficiale tedesco e ferendo altri tre soldati,(45)

Dopo un ripiegamento i tedeschi passano al controattacco, ma verso sera, i "ribelli",

  "riuscirono a sganciarsi, riguadagnando le alture che sovrastano la borgata di Susano.(46)"

 Iniziano così le drammatiche ore dei martoriati paesi, Monchio, Susano e Costrignano, che verranno brutalmente rasi al suolo dalle formazioni della Divisione SS, Herman Goering, reduci dal fronte di Cassino, e che si trovavano in quel periodo, nei dintorni di Bologna, per un periodo di riposo.

 SABATO 18 MARZO 1944

 Ulteriori truppe tedesche affluiscono nella zona della Valle del Dragone. Si ha subito la sensazione che vogliano fare un’operazione a vasto raggio e che siano pronti ad usare la mano pesante.

Subito all'alba, da tre cannoni posti nel Piazzale della Rocca di Montefiorino, inizia il cannoneggiamento sulle frazioni di Monchio, Susano e Costrignano.(47)

 "Nessuna reazione da parte dei partigiani, allontanatisi nella notte o nascosti lontano nei boschi. Del resto, anche se fossero rimasti in zona, sarebbe stata impossibile qualsiasi resistenza."(48)

 La popolazione era estremamente preoccupata per quello che era successo nei giorni precedenti e per il grosso movimento di truppe tedesche che si andava verificando in quelle ore:

 "In fondo, si pensava, i tedeschi si sarebbero comportati più o meno come i fascisti che, nelle numerose e già ricordate puntate nelle borgate della valle, si erano limitati a ricercare i veri ribelli o, tutt'al più, a far man bassa delle provviste alimentari e a rastrellare degli uomini che poi venivano messi regolarmente in libertà."(49)

Molte case furono colpite dal bombardamento e parecchie furono le vittime civili che rimasero sotto le macerie. Ma la parte più tragica ed il più alto numero di morti lo si ebbe dopo che le truppe tedesche, comandate dal Capitano Hartwig della Terza Divisione paracadutisti, iniziarono il rastrellamento, uccidendo e saccheggiando con estrema ferocia. Le varie frazioni della zona vennero messe sistematicamente a ferro e fuoco e numerosi episodi di un’efferatezza incredibile si verificarono nel giro di poche ore.(50)

La furia tedesca si abbatté su tutto e tutti compresi fascisti del luogo(51); uomini, donne e bambini vennero falciati in modo disumano. Le vittime di quella tremenda rappresaglia ammontarono a 130.(52) Fu quello il più feroce massacro effettuato dai tedeschi in Italia, sino a quel giorno, e che anticipava di pochi giorni quello delle Fosse Ardeatine a Roma.

 DOMENICA 19 MARZO 1944

 In tutta la Valle, dopo lo spaventoso eccidio, regna lo sbigottimento e il terrore. I superstiti, inebetiti dal dolore e sconvolti per quanto era loro accaduto si aggiravano tra le macerie delle case alla ricerca dei parenti e delle povere cose distrutte. Il recupero delle vittime fu particolarmente penoso e difficile e le salme dopo due giorni vennero inumate in fosse comuni.(53)

LUNEDI 20 MARZO 1944

 Anche le autorità fasciste , che si sono recate sul posto, rimangono sconvolte per l'inutile massacro compiuto dalle truppe tedesche; in una sua relazione, al Capo della Provincia, Pier Luigi Pansera, così scriveva il Segretario fascista di Montefiorino, Francesco Bocchi:

 "Nella visita effettuata il 20 corrente ho potuto personalmente accertare che le popolazioni colpite si presentano in un quadro della più completa impressionante desolazione. Le case distrutte sono ridotte nella più grande maggioranza in un cumulo di macerie sotto le quali è rimasto bruciato tutto il mobilio, scorte di viveri, masserizie, risparmi in contanti, attrezzi agricoli, bestiame bovino ecc. Molte altre famiglie, poi, pur non avendo avuta la casa distrutta, hanno avuto invece asportati tutti i viveri dai reparti operanti o transitanti. L'accertamento di queste ultime è ancora in corso. (Molto probabilmente questa frase è riferita alle vittime N.d.R.) Alcune persone sono impazzite e molte altre fuggite da casa senza più dar notizie. Un numero imprecisato di persone è stato condotto via dai tedeschi con autocarri. Quasi tutte le mamme, per lo spavento provato, sono rimaste senza latte per i loro bimbi poppanti.

Tutti i cadaveri fino ad ora accertati ed identificati risultano del posto ad eccezione di due maestri elementari di Modena che insegnavano a Costrignano, e sono stati trasportati nei cimiteri delle singole frazioni in attesa degli adempimenti di competenza dell'autorità giudiziaria. Essi verranno sepolti in fosse comuni per insufficienza di area disponibile nei cimiteri. La popolazione è rimasta inebetita dalla terrificante distruzione. I danni ammontano a parecchie decine di milioni. L'ordine pubblico è completo e  nessuna traccia si è avuta di residui di ribelli. Il grosso di essi risulta fuggito dal Monte S. Giulia la sera precedente le operazioni."(54)"

 MARTEDI 21 MARZO 1944

 Nei giorni successivi all'orrendo massacro, le parti in lotta si scagliano invettive reciproche; mentre da parte fascista si sosteneva che l'azione era stata portata contro i ribelli e si addossava loro la responsabilità della spietata ritorsione tedesca, il CLN diffondeva un volantino, che era stato stilato dal Presidente Alessandro Coppi, del seguente tenore:

 "Operai, contadini, intellettuali di Modena e Provincia! I fascisti cercano di far credere che la montagna modenese è infestata da banditi prezzolati. Menzogna! In montagna agiscono i Patrioti che si comportano da Patrioti. Gente valorosa che si batte con indomito coraggio per liberare la Patria dalla schiavitù del fascismo che si illude di rivivere grazie alle baionette tedesche. Gente che dimostra coi fatti che il popolo italiano non vuole saperne nè di fascisti nè di tedeschi. Gente disciplinata che, pur professando diverse idee politiche, si trova unita e concorde per combattere per la libertà. Gente che chiede e paga ciò che occorre per vivere, comportandosi correttamente con la popolazione con la quale vive ed opera. Le ricevute che essi rilasciano, quando non è loro possibile pagare in contanti, sono pienamente garantite dal Comitato di Liberazione Nazionale. I patrioti dunque nulla hanno a che vedere con gli atti di banditismo compiuti da malviventi durante questi ultimi mesi; anzi il noto bandito Fini è stato da essi passato per le armi. Nessuno quindi si lasci impressionare dalla mendace propaganda fascista che svisa i fatti e si guarda bene dal rendere note le sconfitte che i Patrioti hanno fin qui inflitto alle cosiddette forze repubblicane. Popolo modenese! i Patrioti che si battono con ammirevole valore, hanno diritto di contare sull'appoggio affettivo, positivo, concreto di tutti gli italiani amanti della libertà. Non sono essi, non siamo noi i responsabili della guerra civile. Sono i fascisti che l'hanno voluta scatenare nel tentativo pazzo, criminale e disperato di evitare la fine che meritano. Ed essi sono tanto vili da mandare spesso a combattere contro i patrioti dei giovani che sono anima della nostra anima, sangue del nostro sangue. Sono tanto impotenti da sollecitare l'aiuto dei tedeschi, i quali, non essendo riusciti ad aver ragione dei patrioti, col cannone e col fuoco hanno distrutto alcuni villaggi nella zona di Montefiorino, seminando freddamente la strage fra quelle inermi popolazioni che contano decine e decine gli assassinati, compresi fra questi donne e bambini trucidati con spietata ferocia. Ecco chi sono i "300 ribelli caduti in combattimento" secondo l'impudente propaganda fascista! chi sono dunque i banditi? Chi i terroristi? Chi i senza legge? Chi i nemici della Patria? Modenesi! Stringiamo le file, aiutiamo chi combatte, chi sanguina, chi soffre.

Questo è il dovere di tutti gli italiani. I patrioti combattono oggi per abbreviare la durata della guerra, che ormai i tedeschi hanno perduta; e saranno coloro che libereranno la popolazione dalle angherie e dalle violenze tedesche. Il Comitato di Liberazione Nazionale."(55)

 La Federazione Fascista modenese, rispondeva con un altro manifesto intitolato "Risposta ai Patrioti", dove, tra l'altro, si diceva:

 "I villaggi della zona di Montefiorino che i "patrioti" nel loro manifestino affermano siano stati distrutti a cannonate e con i lanciafiamme, si limitano invece a quei gruppi di case nelle quali i ribelli si erano asserragliati e fortificati. Precisiamo che le donne e i bambini che dicono "trucidati con spietata ferocia" ammontano a 4 donne e a due bimbi trovati sotto le macerie di una casa diroccata dal bombardamento nella quale un gruppo di ribelli si era fortificato sparando con le mitragliatrici dalle finestre. Gli altri morti sono realmente i ribelli caduti in combattimento o passati per le armi perché sorpresi in possesso di fucili o mitragliatrici, e questi elementi maschili delle popolazioni  locali che con essi avevano fatto causa comune. Questi, nella pur dolorosa verità i fatti; al di fuori di essi non vi è speculazione faziosa e menzogna senza nome."(56)

 MERCOLEDI 22 MARZO 1944

 Continuano, intanto, nella zona della valle del Panaro, gli "approvvigionamenti" delle formazioni partigiane ai danni delle popolazioni di quelle contrade. A Castagneto di Pavullo viene "visitato" tale Alfredo Casini; a Selva di Serramazzoni è la volta di Umberto Zanoli; a Roncoscaglia di Sestola provvede agli "aiuti", l'agricoltore Pietro Bernardini; a Monzone di Pavullo venne prelevata merce di proprietà del Dott. Luigi Emiliani; a Olina di Pavullo le bande partigiane andarono a cercare "collaborazione", presso l'agricoltore Carlo Grandi, nella rivendita di tabacchi di Bruno Barattini e dal Parroco, Don Agostino Giannelli.(57)

 GIOVEDI 23 MARZO 1944

 Sulla Via Giardini, all'altezza del Mulino della Rosta, ove attualmente sorge il complesso Direzionale Zeta, una pattuglia partigiana compie un attentato contro il Colonnello Costantino Rossi, Comandante Militare  Provinciale della GNR, che transitava in auto diretto verso la sua abitazione. L'attentato fallisce e nello scontro che seguì rimase ucciso il partigiano Walter Tabacchi al quale venne poi intitolata una brigata dei Gap.(58)

In questa storia della guerra civile in Provincia di Modena potrebbe sembrare fuori posto parlare di un avvenimento accaduto a Roma: Ma il fatto ha assunto tale forza emblematica, per tutta la storia della resistenza in Italia, che un riferimento seppur breve e limitato è doveroso, se non essenziale, e per il collegamento con i fatti del modenese di Monchio, Susano e Costrignano e anche perché, di tale episodio si conosce solamente la parte conclusiva e più tragica, cioè la fucilazione, da parte dei tedeschi, di 335 ostaggi italiani, alle Fosse Ardeatine.(59) Di rado si parla dell'antefatto e di quello che attorno ad esso si è verificato.

Nella zona di Roma, già dai primi di Gennaio, si erano verificati parecchi attentati gappisti a truppe tedesche e ad isolati militari fascisti, molti furono gli uccisi. Da parte della polizia tedesca e fascista vi fu un’immediata risposta con l'arresto di esponenti antifascisti, in maggioranza del partito d'azione, Da queste retate riuscirono a sfuggire molti marxisti ed altri antifascisti di varia estrazione politica che, subito dopo l'8 Settembre, riuscirono a rifugiarsi nella città del Vaticano. Lo stillicidio di attentati continuò, per culminare in quello di Via Rasella. Questo era stato particolarmente studiato e venne eseguito, se così si può dire, alla perfezione, da dieci partigiani tra i quali, Carlo Salinari, Alfio Marchini, Franco Calamandrei e dai due decorati, in seguito, al valor militare, Carla Capponi e Rosario Bentivegna. L'ordine venne dato da Giorgio Amendola, eletto, per varie legislature al Parlamento, per il Partito Comunista Italiano.(60)

Obbiettivo dell'attentato fu una colonna di anziani soldati altoatesini (già appartenenti all'esercito italiano e incorporati nell'esercito tedesco all'8 Settembre ) che facevano parte della "Sudtiroler polizei" ed erano normalmente disposti alla guardia dei Comandi germanici e in altri uffici pubblici. Non avevano mai svolto azioni di guerra e tantomeno di controguerriglia e passavano abitudinariamente per quella strada, nel centro di Roma, tutti i giorni.

I gappisti, appostati in attesa del loro transito, spinsero un carretto della spazzatura, carico di esplosivo, giù per la discesa di Via Rasella, indirizzandolo contro la colonna che risaliva la strada; vi fu un tremendo boato e trentatre di quei militi altoatesini vi lasciarono la vita assieme a due civili italiani, uno era un bambino, che transitavano per la via.

I tedeschi, inferociti, pretendevano che si presentassero gli autori di quel massacro; ma nessuno cercò di evitare la terribile rappresaglia che i nazisti promettevano e che, in breve tempo attuarono, svuotando le carceri di Regina Coeli, in una località vicina a Roma chiamata Fosse Ardeatine. Trecento trentacinque furono gli italiani massacrati dalla rabbiosa reazione tedesca(61). Molto è stato scritto su questa spietata rappresaglia, ma di questa immensa tragedia, come per altre analoghe, si dovrebbero delimitare meglio i contorni (e non per cercare di dare una giustificazione a quelle che sono state certamente rappresaglie feroci e addirittura controproducenti per i fascisti e per l'Italia tutta e di cui i tedeschi ne porteranno la tragica responsabilità per sempre) cercando di evidenziare le gravissime responsabilità dei comunisti, autori dell'attentato, che ben sapevano di scatenare una tremenda rappresaglia, anzi, ricercavano in realtà proprio questa, onde scavare il fossato di odio tra italiani e tedeschi.

Nel 1981, per iniziativa della Sudtirolen Wolkspartei, in una commemorazione delle vittime dell'attentato partigiano, l'ex senatore di quel partito, Fried Volger, così si espresse:

  "Per i folli fanatici che nella città eterna, senza alcuna necessità, hanno provocato un bagno di sangue in una compagnia di innocui poliziotti ci sono state medaglie d'oro e posti in parlamento";

 il senatore così proseguiva in un’intervista apparsa su di un quotidiano italiano:

 "Dopo via Rasella i partigiani, almeno uno degli autori dell'attentato, dovevano consegnarsi per evitare una strage certa.....In altre analoghe circostanze, anche in Italia, è quanto hanno fatto carabinieri e sacerdoti per evitare stragi... l'attentato di Via Rasella è stato fatto senza necessità strategica perchè non cambiava nulla in quella situazione. E' stato un attentato folle."

Ma la strategia comunista era appunto quella di scatenare la rappresaglia, ben sapendo che questa, oltre a sollevare l'indignazione degli italiani e ad aumentare di conseguenza l'odio nei confronti del tedesco e del suo alleato fascista, avrebbe anche colpito molti antifascisti detenuti che erano in netto contrasto con le formazioni comuniste sul modo di condurre la lotta, sulla collocazione ideologica e sulle alleanze da privilegiare.(62) Questa tattica, attuata durante tutto il periodo della guerra civile, ma che era già stata sperimentata e collaudata durante la rivoluzione bolscevica in Russia, nella guerra civile spagnola e in tante altre parti del mondo dove la penetrazione dell'internazionale rossa ha creato sanguinose guerriglie, in conclusione non ha portato a quei risultati programmati di conquista del potere, ma è servita solamente a creare una sequela interminabile di lutti e di rovine morali e materiali ed una spirale di odio dalla quale, anche a distanza di quarantacinque anni, non ne siamo ancora usciti.

Va inoltre sottolineata, in questa circostanza, l'ipocrisia di chi condanna la ferocia e la violenza quando vengono usate dagli altri, mentre la predicava o la predica ancor oggi, la esalta, la esercita e la giustifica quando la usa per se.

Altro elemento da non tralasciare, nell'analisi di quella tremenda rappresaglia, è la valutazione data dagli ambienti Vaticani(63): l'iniziativa dei gap romani è sempre stata criticata e quell'attentato venne definito un "colpo serio" alla strategia di Pio XII° per tenere Roma lontana dalle atrocità del conflitto, avendo dichiarato la capitale "città aperta".(64) L'attentato, tra l'altro, venne effettuato all'insaputa del comando del Comitato di Liberazione Nazionale, il quale conveniva, come Pio XII°, che non serviva a nulla gettare Roma nella mischia.

A Modena, in questa giornata, a Palazzo Littorio in Corso E. Muti, in occasione della cerimonia per il XXVle della fondazione dei Fasci di combattimento, vi fu una grande manifestazione a cui presero parte tutte le autorità fasciste modenesi; l'ex Direttore della Gazzetta dell'Emilia, Cacciari, tenne un applaudito discorso.

 VENERDI 24 MARZO 1944

Siamo ancora nei primi mesi della guerra civile, ma i partigiani comunisti delle formazioni Garibaldi sono ben determinati nel condurre una lotta spietata, inesorabile e senza esclusione di colpi contro l'odiato nemico fascista, tanto da formulare un progetto di decreto che sarebbe dovuto essere presentato al "Governo di Liberazione Nazionale" e che venne stampato in un manifesto, di cui riportiamo per intero il testo:

 "Contro i traditori fascisti, contro chi collabora con i tedeschi e con i fascisti.

I Distaccamenti e le brigate d'assalto Garibaldi, che conducono una lotta a morte contro gli occupanti tedeschi e i suoi alleati fascisti, per assicurare all'Italia la libertà e l'indipendenza nazionale, che si costituirà tra breve, come segno della volontà del popolo di scacciare dall'Italia ogni residuo nazista e fascista, il seguente progetto di

DECRETO

Articolo 1 - tutti gli appartenenti al Partito Fascista Repubblicano, alla Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale del cosidetto Governo fascista repubblicano o a qualsiasi altra organizzazione fascista, per il semplice fatto di questa appartenenza, come anche tutti quelli che, dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Germania, abbiano collaborato nel campo militare, economico, amministrativo col nemico nazista e fascista, SONO DICHIARATI TRADITORI E NEMICI DELLA PATRIA. Essi sono perciò privi di diritti civili, dichiarati decaduti da ogni diritto a pensioni e sussidi licenziati da ogni impiego nelle amministrazioni pubbliche e statali ed esclusi per sempre dalla possibilità di concorrere a detti impieghi.

Articolo 2 - tutti gli indicati nell'art. precedente che nelle organizzazioni del Partito Fascista Repubblicano o nell'opera di collaborazione con i tedeschi abbiano dimostrato particolare iniziativa, o comunque abbiano svolto opera di direzione, sono condannati a morte e tutti i loro beni mobili ed immobili sono confiscati a favore dei caduti e dei combattenti per la liberazione e l'indipendenza nazionale.

Articolo 3 - Una deroga all'applicazione degli articoli precedenti è ammessa solo a favore di chi, trovandosi per cause di forza maggiore in enti costretti alla collaborazione col nemico (forze armate, polizia, amministrazioni pubbliche e private, imprese ecc.) possa provare, con dati concreti, non solo di non essersi macchiato mai di atti di tradimento a danno di patrioti e della causa di liberazione nazionale, ma di aver condotto dal posto occupato, un attiva opera di sabotaggio dei piani e delle forze del nemico nazista e fascista e aiutato, secondo le possibilità, la lotta partigiana in seno allo stesso esercito fascista e, in particolare, provvedendo alla soppressione di dirigenti e di ufficiali fascisti; avvertendo, se poliziotto, i patrioti minacciati d'arresto, aiutando a fuggire gli arrestati e sopprimendo commissari e agenti fascisti; sabotando la produzione bellica tedesca, le requisizioni, la riscossione delle tasse, delle imposte ecc.

Articolo 4 - Tutti i criminali contemplati in questo decreto sono di competenza dei tribunali del popolo da nominarsi nei territori liberati dall'occupazione tedesca. Nei territori ancora sotto il tallone nazista e fascista, le forze armate patriottiche e i partigiani, in primo luogo, sono incaricati dell'applicazione, senza nessuna formalità, dell'art.2 del seguente decreto, provvedendo alla soppressione del nemico della patria, alla distruzione dei loro beni che non si possono sequestrare e mettere a disposizione della lotta partigiana.

E' evidente che fin d'oggi i distaccamenti e le brigate d'assalto Garibaldi prendono a base della lotta contro i tedeschi e contro i fascisti le disposizioni contenute nel proposto decreto."(65)

 A prescindere dalla forma e dal contenuto di questo scomposto invito alla delazione, all'omicidio, al sequestro indiscriminato di beni, resta da sottolineare come le formazioni comuniste abbiano eseguito perfettamente gli ordini, sia durante  la fase della guerra, sia al termine della stessa, andando anche oltre, attraverso le esecuzioni sommarie, con le farse dei processi dei cosiddetti tribunali del popolo, con le epurazioni indiscriminate, in conclusione con una persecuzione programmata sino alla eliminazione completa dell'avversario e delle sue famiglie.

A Albareto vicino a Modena veniva ucciso l'agricoltore

MALAGOLI UMBERTO (65bis)

 SABATO 25 MARZO 1944

 L'avvio della guerra civile nella bassa modenese, malgrado buona parte della storiografia partigiana cerchi di datarlo in periodi antecedenti, viene collocato realisticamente con l'assassinio del vice reggente del Fascio Repubblicano di Carpi, al giorno 26 Marzo. Difatti:

 "E' da escludere, che nell'inverno 1943-44 si siano verificati degli atti di sabotaggio nella "Bassa" modenese: prima di tutto perché nessuna notizia di essi troviamo nella stampa fascista, che pure, proprio in quel periodo, si diffondeva ampiamente nel riferire le più semplici operazioni di approvvigionamento compiute dai partigiani in montagna; in secondo luogo, perché i tedeschi, che sarebbero stati gravemente danneggiati dagli atti di sabotaggio, avrebbero certamente reagito con rappresaglie."(66)

 DOMENICA 26 MARZO 1944

 Le nuove formule del Fascismo Repubblicano stanno facendo presa su larghi strati della popolazione anche nel modenese; i comunisti malsopportano che la RSI abbia una impostazione così avanzata verso la classe lavoratrice, pertanto si scagliano con rabbia contro gli uomini che si sono messi in evidenza, incrementando gli attentati terroristici contro fascisti isolati e facili bersaglio per gli agguati, spostando così la lotta su di un piano fatto di assassinii e di rappresaglie che, in breve tempo, porterà il confronto tra le due fazioni, anche nella pianura modenese a limiti incredibili di uccisioni, da entrambe le parti.

A Carpi, dopo l'assassinio del brigadiere della GNR, Ternelli, avvenuto il 3 Marzo, viene messo a segno dai partigiani un altro attentato. Mentre stava vendendo dei biglietti all'ingresso del Cinema Lux, viene ucciso, da una serie di centrati colpi di pistola, il vice reggente del Fascio carpigiano, padre di tre figli:

LEONARDI VINCENZO.(67)

In questo modo la storiografia partigiana inquadra l' omicidio:

 "Questo nuovo fascismo ha qualche pretesa demagogica "sociale" e, quà e là i nuovi dirigenti vorrebbero distinguersi (più che altro per non condividere con loro il potere) dai vecchi gerarchi, ma la sostanziale continuità (se e quando un cambiamento c'è, è in peggio) è data dagli interessi che servono, dalle caste di cui sono esponenti.... A Carpi quelle caste hanno affidato la reggenza del fascio al vice direttore della Marelli, Carlo Alberto Ferraris, vice reggente l'ex carabiniere (augusto) Leonardi....Diventa perciò uno dei doveri del movimento di liberazione, quello di giustiziare questi oppressori e persecutori in quanto tali e in quanto sono i più fanatici collaboratori dell'occupazione, colonne del sistema terroristico e depredatorio di occupazione. La serie sarà lunga. A Carpi comincia nel Marzo 1944."(68)

 Se nella pianura modenese la guerra civile sta avviandosi con attentati del tipo che abbiamo preso in esame, in montagna ha già raggiunto l'apice con la lunga serie di attentati a tedeschi, fascisti e civili. Le formazioni partigiane riprendono i loro agguati in altre zone, spostandosi dalle valli del Secchia a quelle del Panaro. In questa prima Domenica di primavera, una pattuglia di militi fascisti viene attirata in una imboscata, da una formazione di "ribelli" guidata dal capo partigiano "Armando". Vengono uccisi: il Tenente della GNR nativo di Sestola:

BOLDRINI OTELLO,(70)

il medico di Pavullo di trentadue anni:

ROMANI ANTONIO,(71)

CINQUE IGNOTI MILITI(72),

giovanissimi volontari dai sedici ai diciotto anni, nativi di Tripoli. Rimase seriamente ferito anche il maresciallo della GNR, Bonanno, ed un altro milite perdette un occhio.

Sulla stampa dell'epoca venne data questa versione dei fatti:

 "La mattina del 26 corrente numerosi delinquenti si portavano in vicinanza di Sassoguidano, frazione del Comune di Pavullo e armati di fucili, moschetti, mitragliatrici e bombe a mano, aggredivano un autocarro militare nel quale si trovavano un sottotenente e cinque militi, tutti distaccati per servizio a Pavullo. Erano pure con essi un maresciallo maggiore dei carabinieri e un carabiniere, appartenenti al distaccamento della GNR di Pavullo e il Dott. Antonio Romani fu Sante di anni 32 da Pavullo. L'autocarro era diretto in località Gaianello per accertamenti giudiziari inerenti ad un cadavere rinvenuto nel mattino sulla strada comunale identificato poi per un milite appartenente al Centro di addestramento distaccato a Montecenere di Lama Mocogno. Fatti segno ad improvviso tiro di mitraglia e lancio di bombe a mano rimanevano uccisi il sottotenente e quattro militi. Il maresciallo, il carabiniere e il Dott. Romani venivano trasportati all'Ospedale Civile di Pavullo. Un altro milite rimaneva leggermente ferito."(73)

 L'imboscata era stata ben preordinata da "Armando", il quale, la notte precedente, aveva inviato un gruppo di suoi partigiani in una cascina dove abitavano due belle ragazze, amiche di due ragazzi fascisti che di solito si recavano a trovarle. Il gruppo di partigiani catturò i due, uno venne ucciso, l'altro lasciato libero dopo una notte d'interrogatorio. Il suo cadavere venne poi abbandonato sul ciglio della strada, per preparare l'imboscata a chi doveva andare a fare il sopralluogo.(74)

 "Era giorno di fiera a Pavullo ed eravamo certi che di lì a poco qualcuno avrebbe dato l'allarme e i brigatisti neri sarebbero venuti sul posto. Avvenne appunto così ; ci appostammo nelle vicinanze del bosco, nascosti dietro un cumulo di pietre e quando scorgemmo il polverone sollevato dal camion che soppragiungeva, ci preparammo ad accoglierlo."(75)

Seguirono il lancio di bombe a mano che bloccarono l'autocarro ed un nutrito fuoco di mitragliatori che fecero scempio dei militi a bordo del mezzo.

In un altra testimonianza partigiana si racconta che i fascisti, per vendicarsi, arrestarono i genitori di Armando:

 "Ma anche in questa circostanza i rapporti stabiliti precedentemente tra i partigiani e i carabinieri si rivelarono assai proficui e, dopo un pò di tempo la cosa si risolse nel migliore dei modi."(76)

LUNEDI 27 MARZO 1944

 Gli Ufficiali ed i graduati dei reparti dell'Esercito Repubblicano di stanza nel modenese avevano grosse responsabilità in momenti così delicati; difficile era il compito di trattenere la rabbia dei militari in divisa che erano sempre più, facile bersaglio degli agguati partigiani. Spesso si verificarono ribellioni non facili da domarsi, anche perché, molti giovani vedevano massacrare amici e parenti nelle imboscate tese dai ribelli e non negli scontri diretti o in aperte battaglie campali che raramente si verificarono nel nostro territorio.

MARTEDI 28 MARZO 1944

 Si svolgono a Carpi i funerali del vice reggente del PFR, Leonardi, ucciso il giorno 26; vennero tenuti chiusi tutti i locali pubblici e venne promessa una grossa somma a chi avesse fornito indicazioni sugli autori dell'omicidio.(71)

 MERCOLEDI 29 MARZO 1944

 L'Arcivescovo di Modena si reca in Prefettura per una visita ufficiale al Capo della Provincia; il giorno successivo verrà diramato un comunicato che così si esprimeva:

 "S.E. l'Arcivescovo di Modena e Abate di Nonantola si è recato ieri mattina al Palazzo del Governo accompagnato dal Vicario generale della Curia in visita ufficiale al Capo della Provincia. Mons. Boccoleri si è a lungo e molto cordialmente intrattenuto con il Console Pier Luigi Pansera, al quale ha portato l'espressione dei nobili sentimenti di italianità che animano il clero della nostra Diocesi. Durante il corso del colloquio il Capo della Provincia e l'alto Prelato hanno serenamente esaminato con largo spirito di mutua comprensione i vari problemi che interessano le gerarchie politiche e religiose della provincia, auspicando infine quella vittoria delle nostre armi che è la sola garanzia di salvezza anche per la religione, insostituibile nutrimento spirituale del nostro popolo profondamente patriottico e cattolico."(78)

 GIOVEDI 30 MARZO 1944

 A Castelfranco Emilia, per rappresaglia agli agguati ed alle imboscate contro le truppe tedesche e fasciste, vengono fucilati dieci giovanissimi partigiani di Renno di Pavullo che erano trattenuti in quelle carceri.(79)

 VENERDI 31 MARZO 1944

 Nelle zone dell’Appennino modenese della Valle del Secchia, si concludono le operazioni di rastrellamento contro le formazioni ribelli ed il grosso delle forze che vi avevano partecipato rientra alle proprie basi, lasciando nei piccoli paesi solamente piccoli nuclei a presidiare quelle zone che, di lì a breve tempo si torneranno a popolare dei vecchi e nuovi partigiani che verso la fine della primavera aumenteranno di numero sull'onda dei successi ottenuti dalle truppe anglo-americane sul territorio italiano.

 NOTE

 1    cfr. Gazzetta dell'Emilia del 4.3.44

2    cfr. ESGC.Mo

3    cfr. E. Gorrieri: "La Repubblica di Montefiorino" pag. 139;

4    cfr. Gazzetta dell'Emilia del 5 Marzo 44

5    cfr. P. Alberghi: "Attila sull'appennino" pag. 96

6    cfr. G. Pisanò: "Gli ultimi in grigioverde" Vol. 3° pag. 1815, elenco caduti della GNR.

7    cfr. Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44.

8    cfr. F. Borghi: "L'an n'era menga giosta" pag. 263 e Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44

9    ibidem

10   si trattava dei due partigiani, Amelio Aravecchia e Dante Schiavoni; cfr. anche testimonianza di Don Sante Bartolai in ISR n. 5 pag. 79.

11   cfr. P. Alberghi op. cit. pag. 101.

12   cfr. Lettera del Comune di Medolla del 16.1.1956, alla Ass. Cad.Rsi.

13   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944

14   ibidem e in elenco caduti RSI, inumati nell'ossario di San Cataldo.

15   ibidem

16   ibidem

17   ibidem

18   ibidem.

18bis Questo nominativo trovasi inserito in un elenco dei caduti della resistenza modenese in rassegna ISR n. 3 pag. 7.

18tris cfr. "Martirologio" pag. 89

19   cfr. E. Gorrieri, P. Alberghi, op.cit

20   dattiloscritto in Archivio Caduti RSI.

21   cfr. Elenco caduti RSI n. 507.

22   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 11 Marzo 1944.

23   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 151.

24   cfr. lettera del Comune di Pavullo in data 16.2.1956 prot. 1261; elenco caduti RSI n. 431.

25   Comandante partigiano, azionista.

26   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 153.

27   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944.

28   I caduti partigiani in quel combattimento furono: Bruno Belloi, Alcide Borsari, Enrico Brandoli, Ottavio Ferrari, Carlo Fiandri, Dino Lugli, Bruno Parmeggiani e Sovente Sabbatini. In E. Gorrieri, op. cit. pag. 153.

29   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo

30   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98.

31   cfr. lettera del Dott. Comini, accertante le cause della morte, in Arch. Ass. Cad. RSI.

32   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98.

33   ibidem

34   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944.

35   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 111.

36   cfr. elenco caduti RSI n. 243.

37   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 112.

38   ibidem

39   ibidem

40   ibidem; per questi caduti anche in elenco caduti RSI.

41   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 113.

42   ibidem

43   ibidem pag.120

44   ibidem pag. 118; dichiarazione di Leo Dignatici.

45   ibidem pag. 119

46   ibidem

47   cfr. G. Silingardi: "I giorni del fascismo e dell'antifascismo" pag. 168.

48   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 170

49   cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 129.

50   ibidem

51   ibidem pag. 184.

52   I caduti nelle frazioni colpite dalla furia tedesca:

Frazione di Susano:

Gualmini Celso, Aschieri Clerice, Aschieri Massimiliano, Gualmini Raffaele, Baschieri Maria, Gualmini Lavinia, Gualmini Celso di Raffaele, Gualmini Viterbo, Gualmini Aurelio, Albicini Delia, Marastoni Ursilia, Marastoni Orfeo, Carlo di NN, Gherardo Filippo, Garzoni Francesca, Baldelli Camillo, Casacci Dovindo, Casini Battista, Casolari Florigi, Pagliai Domenico, Pagliai Tonino, Peli Giuseppe, Peli Andrea, Zenchi Dante.

Frazione di Costrignano:

Barbati Ersidio, Barbati Ignazio, Barbati Luigi, Barbati Pasquino, Baschieri Mario, Beneventi Pellegrino, Beneventi Giacomo, Beneventi Giuseppe, Caminati Adelmo, Casinieri Luigi, Ceccherelli GianBattista, Chiesi Sante, Compagni Tolmino, Ferrari Secondo, Ferrari Nino, Ghiddi Lorenzo, Lami Alcide, Lami Silvio, Lami Ennio, Lami Mario, Lorenzini Marcellina, Maestri Massimo, Pancani Giuseppe, Pigoni Luigi, Pigoni Lino, Rioli Ernesto, Rioli Claudio, Rioli Pellegrino, Rosi Dante, Sassatelli Lodovico, Severi Enrico.

Frazione di Monchio:

Abbati Callisto, Abbati Cristoforo, Abbati Giuseppe, Abbati Milziade, Abbati Raffaele, Abbati Remo, Abbati Tommaso, Albicini Ermenegildo, Barozzi Augusto, Barozzi Adelmo, Barozzi Mario, Bedostri Giuseppe, Bedostri Luigi, Bucciarelli Livio, Braglia Ambrogio, Cornetti Adele, Corenetti Luigi, Caminati Giovanni, Caselli Alberto, Carani Ernesto, Carani Geminiano, Compagni Ernesto, Debbia Enrico, Debbia Franco, Debbia Valerio, Debbia Roberto, Facchini Sisto, Ferrari Egidio, Ferrari Remo, Ferrari Teobaldo, Fiorentini Giuseppe, Fontanini Teodoro, Giberti Attilio, Giberti Eleuterio, Giusti Giuseppe, Guglielmi Aurelio, Guglielmi Emilio, Guglielmini Luigi, Guglielmini Renato, Guglielmini Giuseppe, Sajelli Pia, Magnani Amilcare, Marchi Ivo, Martelli Giuseppe, Martelli Alvino, Massari Gino, Mesini Celso, Mesini Alessandro, Mussi Remo, Ori Attilio, Ori Ernesto, Pancani Claudio, Pancani Ernesto, Pancani Marco, Pancani Tonino, Pistoni Leonildo, Pistoni Michele, Pistoni Luigi, Ricchi Ernesto, Ricchi Viterbo, Rioli Antonio, Rioli Pellegrino, Rioli Mauro, Silvestri Agostino, Tincani Ennio, Tincani Geminiano, Venturelli Dante, Silvestri Ines, Venturelli Gioacchino, Venturelli Florindo e Sassatelli Adelmo.

53   cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 169.

53bis Francesco Bocchi, Segretario del PFR di Montefiorino, che venne ucciso il 16 marzo 1945 a Modena dai partigiani, venne accusato dal CLN, come uno dei responsabili dell'eccidio per aver messo sull'avviso i comandi fascisti e germanici ad intervenire nella zona. In una testimonianza, l'Arciprete di Serra, Don Marino Donini a quei tempi capellano a Vitriola, sul Resto del Carlino del 14 marzo 1984, così parlò del Dott. Bocchi:

 

"Trovai il Dott. Bocchi, seduto in poltrona, in uno stato di profondo sconforto. Mi disse testualmente: " E' un disastro! Si dice che di là dal fiume ci siano un centinaio di morti. Le SS avevano in programma di distruggere anche Savoniero e Vitriola ma io ho supplicato i comandanti di cessare il rastrellamento e la rappresaglia."

54   cfr. P. Alberghi , op. cit. pag. 214.

55   cfr. E Gorrieri, op. cit. pag. 174.

56   ibidem pag. 175

57   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 17 e 22 Marzo 1944.

58   cfr. ISR Rassegna

59   Esiste un ampia letteratura sull'episodio di Via Rasella e del successivo eccidio delle Fosse Ardeatine, che riteniamo non elencare.

60   cfr. G. Pisanò op. cit.

61   ibidem

62   tra i fucilati alle Fosse Ardeatine vi fù anche un modenese: certo Luigi Gavioli ( da ISR rassegna n. 7 pag. 28)

63   cfr. Atti e documenti della Santa Sede, Vol. X°

64   ibidem

65   cfr. ISR Rassegna n. 8 pag. 67.

65bis cfr. "Martirologio" pag. 138

66   cfr. F. Gorrieri : "La resistenza nella bassa modenese", pag. 93.

67   cfr. lettera del Comune di Carpi in data 30.5.1956 prot. 7033.

68   cfr. Pacor-Casali: "Lotte sociali e guerriglia in pianura" pag. 89.

69   Al secolo, Armando Ricci, che fu successivamente, al termine della guerra, Sindaco di Pavullo.

70   In una agenda, dove il Ten. Boldrini, teneva notati pensieri ed appunti venne trovata questa sua affermazione: " Questo mio vivere è proprio un vivere pericolosamente. La morte mi circonda da ogni parte; eppure non mi fa paura. Morire per la Patria! Morire per l'idea in fondo è una fortuna! Speriamo bene! Morire amando è vivere. W il Duce"

72   cfr. E. Gorrieri, op. cit.

73   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 29 Marzo 1944

74   ibidem

75   cfr. Ada Tommasi De Micheli: "Armando racconta" pag. 122 e segg.; per il Dott. Romani cfr. anche A. Galli in "Pievepelago durante la seconda guerra mondiale" pag. 29 e in E. Gorrieri, op. cit. ; in questa versione si precisa che il fatto non avvenne a Gaianello, bensì in località Fontanella di Sassoguidano.

76   cfr. S. Prati - G. Rinaldi in: "Quando eravamo i ribelli", pag. 64-65.

77   cfr. F. Gorrieri.: op. cit. pag. 92.

78   cfr. Gazzetta dell' Emilia del 30 Marzo 1944.

79   I giovani partigiani fucilati nelle carceri di Castelfranco Emilia furono: Badiali Bruno, Adani Faustino, Pattarozzi Massimo, Gherardini Ubaldo, Vandelli Romano, Maletti Gervasio, Manfredini Teodorico, Montecchi Egidio, Camatti Renato e Walter Martelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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