Ricordi

GUERRA CIVILE NEL MODENESE

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Franz Pagliani

                                                                                        

FRANZ PAGLIANI Politico - combattente - scienziato

di Giuseppe Rocco

                       

   Scopo di questa rubrica periodica - non sempre a regolare scadenza - è di ricordare alcuni personaggi che hanno donato all'Italia la loro intelligenza, il loro valore, la loro integrità, tutto quanto un uomo può dare per servire coerentemente un'idea e una fede. Non è giusto che i grandi esempi vengano cancellati dal trascorrere del tempo.

    Al  Sacrario della Piccola Caprera, in un assolato pomeriggio estivo di una giornata senza particolari cerimonie, ho assistito ad un dialogo tra due anziani volontari GG.FF. che passeggiavano sereni tra i cippi dell'Erta del Ricordo. Uno di essi, con fare da uomo pratico, diceva all'altro: "Ma cosa vuoi parlare ancora di certi argomenti, dopo cinquant'anni?". Il secondo - piccoletto, a torso nudo, con al collo una catenina col crocefisso - rispose: 'Guarda questa croce. Sono duemila anni che è il simbolo di una fede seguita da centinaia di milioni di uomini. Noi, che abbiamo sacrificato per la Patria i nostri giovani anni, non dobbiamo dimenticare la passione e la dedizione della nostra offerta".

    Parole semplici che mi sono rimaste fisse nella mente e mi hanno indotto a riprendere questa "trascurata" rubrica.

    In numeri precedenti ho scritto di personaggi che, per funzioni o per nome, hanno avuto maggior risonanza nel nostro mondo. Voglio ora ricordare un uomo d'eccezione che, nella sua signorile modestia, ha lasciato una profonda traccia in quanti l'hanno conosciuto e apprezzato. Franz Pagliani, politico, combattente, scienziato.

    Nel 1919, a Bologna, nel clima turbolento di sovversione latente che opprimeva l'Italia, vittoriosa ma non premiata per il suo sacrificio, il quindicenne studente ginnasiale Franz Pagliani, attratto dalle nuove idee nazionali, partecipa alla prima riunione pubblica del Fascio bolognese da poco fondato in via Farini, 11 da Leandro Arpinati. Era nato a Concordia di Modena il 5 settembre 1904, e dal padre ufficiale dell'esercito aveva assorbito il sentimento di Patria e di dirittura civile.

    Ha inizio, in quei giorni della primavera 1919, il lungo cammino sulla strada della rivoluzione nazionale, che il giovane studente percorrerà per tutta la vita e che, senza fargli trascurare gli studi e i doveri civili, lo vedrà impegnato nelle attività organizzative del Partito Fascista, sempre fedele agli ideali di Patria e di giustizia sociale.

    Legato fin dai primi tempi al capo del fascismo bolognese Arpinati, Pagliani gli rimarrà vicino anche nella disgrazia, pur condividendo l'opinione di Mussolini che l'eresia non avrebbe garantito all'ex gerarca la salvezza fisica. (In effetti, alla fine del marzo '45, un gruppo di partigiani - noncuranti degli aiuti che aveva dato ad alcuni prigionieri inglesi in fuga - trucidò brutalmente il vecchio fondatore del Fascio di Bologna).

    Il giovane Pagliani, insieme a Gian Luigi Mercuri, organizza i coetanei e costituisce il primo gruppo dell'Avanguardia Giovanile di Bologna. Collabora ai vari organi studenteschi emiliani e, rivelandosi politico accorto e fascista intransigente, diventa un organizzatore di primo piano delle attività culturali nonché delle strutture del Partito a Bologna e in tutta l'Emilia. Componente del direttorio del Fascio, Ispettore di zona, Segretario del G.U.F., Presidente dell'Istituto Fascista di Cultura, Vice Segretario Federale.

    Lo studente Pagliani non trascura i doveri civici e familiari: percorre brillantemente la carriera universitaria e scientifica, divenendo assistente del noto patologo Gherardo Forni; a soli ventotto anni, per meriti accademici, è nominato ordinario di Patologia Chirurgica all'Ateneo di Bologna, e ben presto direttore dello stesso Istituto, incarico che conserverà fino al 25 luglio 1943.

    Nonostante gli impegni accademici, il professor Pagliani non resiste alla sua passione: da politico nato, continua ad operare nelle file del Partito; viene eletto deputato nelle ultime elezioni 'democratiche" del 1934 (XIX legislatura) e confermato consigliere nazionale nella prima Camera dei Fasci e delle Corporazioni, in rappresentanza dell'Ordine dei Medici. Inoltre, ricopre la carica di Segretario Federale del P.N.F. di Modena cd infine di vice Segretario Nazionale dei Gruppi Universitari Fascisti e vice Segretario del Partito Nazionale Fascista.

    Secondo lo stile di vita dell'epoca, con la coerenza del vero italiano, l'onorevole professor Pagliani non aspetta "la cartolina rossa" e quando suona la diana della guerra d'Africa accorre alle armi. Destinato in Somalia con le truppe del generale Graziani, incaricato della direzione di un ospedale da campo, svolge anche un'attività più prettamente combattentistica e, come ufficiale di cavalleria, partecipa all'occupazione di Neghelli, guadagnandosi, per il suo coraggio, una medaglia di bronzo al valor militare.

    Rientrato dall'Etiopia, riprende l'attività accademica e gli impegni politici, ma quando gli avvenimenti lo richiedono, torna sul campo di battaglia in Russia con il C.S.I.R. (primo corpo di spedizione italiana in Russia). Tornato in Italia, riceve dal generale Carboni l'incarico di organizzare il servizio sanitario della Divisione Folgore, destinata all'occupazione di Malta.

    Al 25 luglio '43, come quasi tutti i dirigenti fascisti, Franz Pagliani viene fermato e rilasciato non essendo ritenuto pericoloso. È però arrestato subito dopo e condannato a tre anni di carcere per tentata ricostituzione del partito fascista. Rimesso in libertà dai tedeschi dopo l'8 settembre, appena possibile organizza il Fascio Repubblicano di Bologna, e Pavolini lo nomina ispettore regionale del Partito per l'Emilia, con autorità su tutte le federazioni della regione. In questa veste affronta il grave problema derivato dall'uccisione del Commissario Federale di Ferrara, Igino Ghisellini, delitto che scatenò tutti i rancori accumulati nei quarantacinque giorni di Badoglio. Pagliani, con fermezza ed umanità, riesce ad imporre la disciplina e la moderazione.

    L'azione dell'ispettore Pagliani ne accresce la stima e l'autorità in tutta la Repubblica Sociale. Il Capo dello Stato, dopo la relazione sui fatti di Ferrara, lo nomina componente del Collegio giudicante al processo di Verona contro i traditori del Gran Consiglio, nella certezza che la sua dirittura morale, unita alle sue doti umane, contribuirà a rendere più equanime il verdetto.

    Il comportamento e l'attività costante dell'Uomo costituiscono una notevole componente della ordinata esistenza dello stato repubblicano in Emilia Romagna, nonché un esempio per il resto d'Italia. Organizzatore instancabile e preciso, dirige lo sfollamento dei profughi dall'Italia centro meridionale, i quali fanno capo al punto di smistamento di Bologna. Le operazioni avvengono con regolarità sorprendente, considerate le difficoltà dei trasporti, la scarsità di carburante ed i continui bombardamenti.

    Alla costituzione delle Brigate Nere, nella nuova funzione di comandante della B.N. Mobile "Attilio Pappalardo", riesce ad ottenere il controllo dell'ordinato svolgimento della vita civile e degli approvvigionamenti alimentari. In collaborazione con le varie forze armate italiane e tedesche, contribuisce in maniera determinante a mantenere agevole la viabilità nella regione, divenuta retrofronte, fino all'ultima resistenza sulla linea di Pianoro. Per meglio conoscere la personalità del professor Pagliani, aggiungiamo che - come ricordano i suoi collaboratori di sala operatoria - continuava ad operare impassibile e tranquillo anche sotto i bombardamenti.

    In tutta la sua carriera politica, nei vari incarichi di Partito, il gerarca Pagliani - caso unico - non ha mai riscosso alcun stipendio. All'otto settembre, pur appartenendo ad una famiglia di tradizioni monarchiche, ha ritenuto di compiere il suo dovere d'italiano schierandosi nei ranghi della RSI.

    Durante i venti mesi della Repubblica Sociale, fu tra gli uomini più importanti, uno di quelli che - senza arrivare alle cariche rappresentative di governo - seppero localmente essere le colonne portanti del nuovo Stato, con la loro personalità, fermezza e intransigenza, contemperate da buonsenso e da infinita umanità.

    Quando tutto era difficile, tutto sembrava crollare, la loro presenza bastava ad infondere forza e volontà di resistenza alle varie formazioni, fino ai limiti del possibile.

    Al termine del conflitto viene catturato dai partigiani e condannato a morte, con l'accusa di partecipazione ad un fatto di cui - oltre a non essere presente - non aveva alcuna responsabilità, e per attività politica ad alto livello. La condanna sarà commutata, in Corte d'Appello, ma Pagliani resterà in carcere fino al 1950. Carcere duro, sofferto, data anche l'età matura, ma che non riesce a fiaccare la sua forte tempra.

    Riprenderà l'attività scientifica proprio nella casa penale di Perugia, dove viene incarcerato  dopo  la commutazione della condanna a morte. Il medico dell'istituto di pena - che ha potuto sperimentare la sua abilità di chirurgo, unita alla sua vasta capacità di analisi patologica - lo consulta nei casi difficili, invitandolo ad eseguire gli interventi più delicati (anche su personalità in vista del capoluogo umbro). Il professor Pagliani acquista in tal modo una larga fama, tanto da essere indotto, all'uscita di prigione, a riprendere la professione proprio a Perugia.

    Sono anni di intenso lavoro, di dedizione alla famiglia e agli studi, che gli meriteranno l'universale riconoscenza dei pazienti e la stima dei colleghi.

    Appena libero, aderisce al Movimento Sociale Italiano e ne diventa uno dei massimi dirigenti, da tutti considerato un intelligente "uomo delle radici", custode della continuità ma contemporaneamente aperto al rinnovamento, soddisfatto nel vedere un gran numero di giovani accorrere al richiamo della nuova organizzazione.

    Ho conosciuto il professor Pagliani solo nel 1985, nel corso di una riunione preparatoria alla costituzione del- l'Istituto Storico della RSI di Terranuova Bracciolini. Pur in età avanzata, era sempre lucido, sereno, convinto della validità delle nostre idee, cosciente di aver compiuto fino in fondo il proprio dovere.

    Nel maggio dell'86, ha lasciato questo mondo in silenzio, con la dignità e la signorilità di sempre. Per non scomodare nessuno, ha voluto che la notizia del suo decesso fosse comunicata dopo i funerali.